Il ruolo dell’attività fisica nella prevenzione della demenza
Il termine “demenza” racchiude una serie di malattie che causano deterioramento cognitivo, di cui la malattia di Alzheimer è la forma più comune; il disturbo neurocognitivo maggiore rappresenta una condizione che diverrà sempre più frequente nella popolazione. Il tasso di prevalenza di queste patologie raddoppia approssimativamente ogni 6 anni dopo il 65esimo anno di età, raggiungendo il 7% in età compresa tra 75 e 79 anni, fino al 40% in soggetti di età pari o superiore a 90 anni.
A causa dell’invecchiamento della popolazione, vi è un crescente interesse nello studio del processo degenerativo cerebrale. Gli studi hanno rilevato che la maggior parte delle funzioni cognitive declina sin dalla prima età adulta e le aree maggiormente interessate, sono quelle che riguardano velocità mentale, volume di elaborazione ed efficienza coordinativa (attenzione, ragionamento, cambio di attività, inibizione della risposta).
Parallelamente a questo declino delle prestazioni, vi è una graduale perdita di massa cerebrale durante tutta l’età adulta e alcune regioni corticali e sottocorticali coinvolte nella cognizione, risultano particolarmente suscettibili alla perdita di materia grigia nel tempo; ippocampo, nucleo caudato, putamen e corteccia prefrontale. Inoltre, le modificazioni a livello della sostanza bianca e le lesioni diffuse, diventano prevalenti dopo la mezza età, con un calo evidente del volume della sostanza bianca nella regione prefrontale; questa compromissione influisce sul grado di efficienza connettiva tra aree cerebrali. I progressi nel campo delle tecniche di in vivo imaging e sul test del liquido cerebrospinale, hanno permesso di identificare la presenza di fibrille amiloidi e placche già 2 decenni prima della comparsa della sintomatologia. I risultati delle ricerche indicano che il cervello delle persone affette da Alzheimer, affronta la comparsa della malattia molti anni prima dell’evidenza di problematiche nelle attività quotidiane. In una fase preclinica, il soggetto appare “normale” perché il cervello recluta risorse aggiuntive per far fronte alle lesioni.
Come fa il cervello a reindirizzare le proprie risorse?
La riserva cognitiva si riferisce alle capacità dinamiche e strutturali del cervello in grado di “tamponare” le lesioni, infatti, la perdita funzionale in una particolare area cerebrale può essere compensata da altri neuroni che “lavorano” di più per mantenere lo stesso livello di funzionamento. Tuttavia, quando il numero di neuroni sani e funzionali scende al di sotto di una certa soglia rispetto a determinati compiti, il cervello recluta altre aree per mantenere prestazioni normali. Questa capacità di “reindirizzo funzionale” tipica dei circuiti neurali, rappresenta un modello di riserva attivo o dinamico.
Vi è interesse sul ruolo delle attività del tempo libero nella costruzione della riserva cognitiva; l’esercizio fisico ha ricevuto un notevole supporto in letteratura in termini di prevenzione della demenza. Infatti, si pensa che l’attività fisica di tipo aerobico e l’attività cognitiva “lavorino insieme” per proteggere la salute del cervello, riducendo la perdita di massa cerebrale e rafforzando i circuiti di compensazione, attraverso il miglioramento della funzione esecutiva. Una recente analisi ha stimato che una bassa istruzione e un basso livello di attività fisica, rappresentano i 2 principali fattori di rischio modificabili nella prevalenza della malattia di Alzheimer. Studi longitudinali sul controllo di vari fattori di rischio hanno confermato l’importanza dell’esercizio fisico nella riduzione della demenza; in uno studio condotto su 2492 tedeschi anziani, si è visto che l’impegno in qualsiasi attività fisica aggiuntiva su base regolare, era associato a una riduzione del rischio del 20% in termini d’insorgenza di demenza nei successivi 4,5 anni. Un ulteriore studio condotto su oltre 1200 adulti svedesi per 21 anni, ha rilevato che l’impegno in attività fisiche ad intensità moderata per almeno 2 volte a settimana a metà della vita, era associato a una riduzione dello sviluppo di demenza per tutte le cause e di Alzheimer in età avanzata, rispetto ad attività meno frequenti.
Perché l’attività fisica dovrebbe funzionare nel ridurre il rischio di demenza?
In breve, l’attività fisica protegge la salute del cervello, favorisce la neuroplasticità, riduce il rischio di malattie vascolari, migliora la perfusione cerebrale e la funzione respiratoria, stimola i fattori di crescita, in particolare, il fattore neurotrofico cerebrale (BDNF) e il fattore di crescita insulino-simile I. È importante notare che diversi tipi di attività fisica hanno proprietà di stimolazione mentale, come quelle che richiedono coordinazione oculo-manuale e memoria di lavoro visuospaziale, aumentando ulteriormente gli effetti sul grado di funzionamento cognitivo. Alcuni studiosi suggeriscono che il principale vantaggio neurologico dell’attività fisica è dato dalla preservazione di neuroni e sinapsi nelle aree in cui l’atrofia legata all’età risulta più evidente, ovvero, corteccia prefrontale e ippocampo. L’esercizio fisico riduce l’esposizione del cervello a fattori neurotossici e in assenza di interventi farmacologici in grado di curare la malattia, risulta che l’unico approccio praticabile sulla popolazione per prevenire la demenza è modificare il proprio stile di vita. Le attività ricreative, ad esempio, sono opzioni a basso costo con benefici per la salute psicofisica; le evidenze disponibili indicano che non è mai troppo tardi per aumentare il livello di attività fisica e cognitiva in età avanzata.
La conclusione che si può trarre dallo stato attuale della letteratura è che mentre l’attività fisica, in particolare l’esercizio aerobico, supporta l’integrità strutturale neuronale e preserva la massa cerebrale, l’attività cognitiva rafforza il funzionamento e la plasticità dei circuiti neurali. Occorrono risultati da follow-up più ampi per verificare se tali interventi sullo stile di vita, possono davvero ridurre la probabilità di demenza.
Bibliografia
Sheung-Tak Cheng, “Cognitive Reserve and the Prevention of Dementia: the Role of Physical and Cognitive Activities”, Curr Psychiatry Rep. 2016; 18(9): 85